Cosa faresti di diverso se fossi Tu la persona più importante della tua vita?
Oggi si festeggia la Festa degli Innamorati ed io voglio dedicare l’articolo del mese ad una forma di amore tanto indispensabile quanto difficile da conquistare: quello verso noi stessi.
Marina Cvetaeva, una splendida poestessa russa, definì la tutta la sua vita come una lunga storia d’amore con la propria anima e a me piace tanto questa definizione perché racchiude il significato che l’amor proprio ha per me: conoscenza di sé, indulgenza verso i propri errori, fiducia nelle proprie capacità, cura delle proprie ferite e attenzione ai propri bisogni.
Sono tutte cose che, quando ci innamoriamo, mettiamo in campo verso un* partner. Quando amiamo qualcuno cerchiamo di essere presenti e attenti ai suoi bisogni, guardiamo con tenerezza ai suoi difetti e alle sue stranezze, se sbaglia lo incoraggiamo, se è triste lo confortiamo. Sono manifestazioni di amore che ci vengono spontanee.
Non è strano che quando invece si tratta di noi stessi spesso tendiamo ad essere ipercritici verso i nostri errori, a mettere in secondo piano i nostri bisogni, a censurare i nostri dolori, ad ignorare i nostri desideri e a svalutare le nostre risorse?
L’amor proprio è necessario per vivere una vita che assomigli il più possibile a noi, a quello che desideriamo, a quello che siamo davvero. E questo perché l’amore ha le sue basi nella conoscenza che noi abbiamo di noi stessi, una conoscenza autentica voglio dire.
Ma se la conoscenza di sè è il presupposto per potersi amare, come si conquista? In un modo che spesso fa paura: coltivando la solitudine.
Attenzione però, non mi riferisco ad una solitudine che è vuoto, isolamento, tristezza. Mi riferisco ad uno spazio per stare con Sè stessi, uno spazio di solitudine dedicato a Sè e alla cura di Sè. Essere soli non equivale mai a sentirsi soli, tranne in un caso: quando siamo estranei a noi stessi e questa è la forma di solitudine negativa peggiore del mondo.
La buona notizia è che l’antidoto è nelle nostre mani, la soluzione dipende da noi.
Il mese scorso sul mio canale Instagram ho fatto un sondaggio fra le persone che mi seguono e circa la metà di loro mi ha detto che fare le cose da soli è fonte di disagio. Mi riferisco a quelle attività che in genere, nella mente delle persone, si fanno “tipicamente in compagnia”: andare al cinema, ad un concerto, a mangiare al ristorante o a bere un aperitivo, ecc.
Ho chiesto loro di raccontarmi perchè e queste sono alcune delle loro risposte.
La radice di questo disagio è spesso duplice e sta:
1. nell’idea di solitudine che pensiamo gli altri abbiano,
2. nell’idea di solitudine che abbiamo noi.
Naturalmente le due motivazioni possono essere presenti allo stesso tempo, ma in genere c’è una prevalenza di una sull’altra. Provo a raccontarle nel dettaglio.
Nel primo caso, la maggiore fonte di paura e preoccupazione è l’opinione degli altri.
Se abbiamo questo timore probabilmente immaginiamo che nel vederci fare qualcosa da soli gli altri penseranno “Guarda quello, non ha amici, è sicuramente disadattato, sfigato, inadeguato, escluso, ecc.”. Ci sentiremo come sotto i riflettori, come se gli occhi di tutti siano puntati su di noi e su quel grosso cartello luminoso che abbiamo sulla testa e che ci definisce indesiderabili.
Del resto… Chi va al cinema da solo o a bere un aperitivo in piazza, se non uno che non ha uno straccio di amico?
Nel secondo caso, la maggiore fonte di disagio è il modo in cui viviamo la solitudine e cioè come vuoto, isolamento, assenza di relazioni significative e di affetti, tristezza, noia o apatia. Come a dire: solitudine uguale a mancanza di qualcuno o qualcosa.
Se Ti sei ritrovato/a in una delle due descrizioni, voglio invitarti a fare lo stesso esperimento che ho proposto alle persone che mi seguono su Instagram.
Per prima cosa cerca di capire quale delle due fonti di disagio sia più presente per Te. È possibile che ci siano entrambe ma ti chiedo di pensare a quello che prevale nel generare il tuo disagio. Prevale anche solo di un 1% la paura del giudizio degli altri oppure la sensazione di non sentirti amabile?
Ora che hai messo quale sia la principale fonte del tuo disagio, ecco l’esperimento.
Prima categoria: paura del giudizio degli altri
L’esperimento che voglio proporti è di cambiare ruolo e metterti tu nei panni dell’altro.
– La prima volta utile in cui sei in giro, poni attenzione alle persone intorno a te e cerca di individuarne una o due che stanno facendo da sole qualcosa che tu non faresti per la paura del giudizio degli altri. Osservale e cerca di cogliere in loro segnali che possano dirti se sono o meno a disagio.
– Poi guardati intorno e cerca di notare se le persone intorno sembrano accorgersi della solitudine della persona che stai osservando. Che atteggiamenti hanno? Da come la guardano, se la guardano, che idea pensi si siano fatte di quella persona?
– Infine, concentrati su di te. Nel guardare quella persona lì da sola, che idea ti sei fatto di lei, del tipo di persona che è, della sua vita e del perché non sia in compagnia?
Se hai voglia di fare seriamente questo esperimento, porta con te un taccuino se sei amante di carta e penna, altrimenti va bene anche lo smartphone. Segna le tue osservazioni a caldo.
Seconda categoria: sentirsi soli
L’esperimento che voglio proporti è di cambiare il presupposto.
– Pensa alle attività che attualmente non svolgi da solo perché immagini che sarebbe spiacevole e scegline una che di per sé ti piace svolgere. Un esempio può essere il cinema (molte persone amano andarci ma non ci vanno da sole perché si sentirebbero a disagio).
– Scegline una che ti piace di per sé ma che sia anche fattibile: magari escludi cose come andare alle Hawaii in viaggio da solo e opta per qualcosa di più piccolo, come fare colazione al bar o bere un aperitivo dopo il lavoro o ad una presentazione di un libro o un qualunque evento che avrà luogo a breve.
Se hai scelto il cinema, guarda che film ci sono in programmazione e scegli quello che veramente pensi possa piacerti vedere. Se hai scelto la colazione al bar, scegli quello in cui fanno le brioche più buone o che abbia un ambiente in cui stai con piacere. Insomma, qualunque cosa tu scelga di fare per questo esperimento, la cosa importante è che individui qualcosa che davvero può essere interessante o piacevole per te.
– Non chiedere compagnia. Semplicemente quel giorno lì, fai la cosa che hai deciso e falla ricordando a te stesso il motivo per cui l’hai scelta e cioè che ti piaceva o interessava.
– Mentre sei lì, prova a concentrarti sulla cosa che stai facendo: ascolta, guarda, assapora, insomma cerca di vivere quell’esperienza.
– Quando hai finito, prenditi un momento per pensare e chiederti: la sensazione di solitudine o disagio è uguale a quella che pensavi di provare prima di farla? Nello svolgere questa attività, c’è stato solo disagio o anche qualche sensazione di piacere?
– Chiediti anche: se per magia non provassi più disagio e iniziassi a fare le cose che mi interessano o piacciono anche da solo, in che modo cambierebbe la qualità della mia vita?
Due persone che hanno fatto questo esperimento mi hanno raccontato la loro esperienza. La condivido anche qui perchè spero possa essere di ispirazione per Te.
Questa persona ha fatto il primo esperimento, quello legato alla paura del giudizio degli altri.
Questa ragazza ha messo alla prova la propria paura e, nel farlo, ha fatto esperienza di due cose positive: la prima è che prendere in mano la situazione le ha dato un senso di orgoglio, si è sentita fiera di se stessa. Questo è un sentimento che nutre l’autostima e l’amor proprio. La seconda cosa positiva è che nel fare l’esperimento ha incontrato delle persone che conosceva e ha chiacchierato, trascorrendo del tempo piacevole, cosa di cui si sarebbe privata SE avesse evitato la situazione che temeva.
Prima di concludere con una riflessione sull’autostima, ecco il racconto di un’altra persona che invece ha fatto il secondo esperimento, quello legato al vivere con disagio la solitudine stessa.
Anche questa persona ha messo alla prova la propria paura e ha fatto esperienza di un modo diverso e positivo di vivere la solitudine: non è andata al cinema perchè non ha trovato compagnia, è andata al cinema per passare due ore in allegria. Cambiare il presupposto le ha permesso di godere di quelle due ore, cosa che non sarebbe successa SE avesse evitato la situazione che temeva.
Ci tenevo a condividere questi due racconti perchè dentro c’è il senso dell’esperimento: mettere alla prova le paure significa dare a se stessi la possibilità di trovare delle opportunità inaspettate. Significa anche comportarsi come se avessi fiducia nel fatto che puoi farcela. Anche questo è un sentimento che nutre l’autostima.
L’amor proprio e l’autostima non si imparano, sono due cose che bisogna nutrire e coltivare praticamente, esattamente come facciamo quando siamo innamorati/e di qualcuno e facciamo delle cose per dare sostanza alle nostre parole d’amore. L’amore vuole dimostrazioni, non solo parole. E questo vale anche (forse soprattutto) per l’amor proprio.